Cosa significa essere “la moglie dello chef”?

Ovvero piccoli retroscena semiseri, in sei punti principali, su cosa significa vivere quotidianamente con chi prima di sposare te ha sposato lei: la cucina.

“Che fortuna avere uno chef per casa, chissà quante cose buone ti prepara!” Tante volte ho sentito pronunciare questa frase con non poca invidia nei miei confronti e altrettante volte mi è toccato rispondere smentendo immediatamente il mio interlocutore lasciandolo con non poco stupore: “a casa cucino io, soltanto io!”- ho sempre risposto- facendo diventare questa frase un po’ il mio motto, ormai.

Partendo proprio da questa affermazione prende il via l’idea dell’articolo che stai leggendo: mi sono quasi sentita in dovere di sfatare qualche mito, in primis quello che ho appena esposto, raccontare i retroscena della convivenza insieme a uno chef attraverso sei punti fondamentali, tutto in chiave ironica ed essere anche d’aiuto a chi sta per imbarcarsi nella mia stessa “avventura”.

Ma quindi, chi sono gli chef una volta tolte le giacche, queste figure quasi mitologiche dipinte ormai dai tanti programmi televisivi come i divi della nostra era? E tu, futura moglie dello chef, sai davvero cosa ti aspetta?

Vediamolo nel dettaglio.

  1. La solitudine. E in questo caso non c’entra la Pausini.

Nonostante non sia fan della Pausini prendo in prestito il titolo della sua famosa canzone per introdurre la situazione che forse più di tutte mi ha destabilizzata soprattutto inizialmente: la solitudine perché avere uno chef in casa paradossalmente è come non averlo.

Mi spiego meglio.

Non ci saranno più feste, matrimoni, occasioni in cui lo chef, oberato dai mille impegni, potrà essere presente e sarà quindi costretto a rinunciare a partecipare. E’ successo, succede e fa parte del gioco.

Che si fa quindi?

Nulla, si accetta la situazione imparando a conviverci e abituandosi, in queste occasioni, a passare per la ”single” di turno. Al massimo, come dico sempre io, portare con sé un cartonato del consorte!

Ti svelo un segreto: dopo qualche anno ho addirittura iniziato ad apprezzare la situazione. L’indipendenza, che bella cosa!

2. “Tu non potresti mai lavorare con me!!!”

La figura dello chef si presuppone sia, nella maggior parte dei casi, ordinata, meticolosa, organizzata e potrei continuare con una sfilza di aggettivi su questo genere.

Ma cosa succede quando queste caratteristiche si scontrano con quella che è la realtà casalinga, ben lontana anni luce da una cucina professionale? Credimi, in questo caso le scintille sono assicurate e l’affermazione che fa da titolo a questo secondo punto comincia a risuonare per casa così tante di quelle volte da perderne il conto. Anzi, mi sembra di sentire qualcosa anche adesso!

Ma come, dirai, anche a te che piace cucinare?

Ebbene si. E’ qualcosa che prescinde dal saper cucinare o meno, riguarda proprio la loro forma mentis, anche se io sinceramente ci metto del mio. Amo cucinare è vero ma lo devo proprio ammettere: sono disorganizzata, disordinata cronica, paradossalmente la perfetta anti-chef!

Però sono certa che per indole dei nostri eroi, la sentirà ripetere, magari con meno frequenza, anche chi fa dell’ordine il proprio mantra.

Cosa faccio io?

Con tutta la serenità del mondo ho sempre risposto così: “ma chi ci vuole lavorare con te!?”.

Cosa intendo per ordine in cucina.

3. Quando per partita non si intende quella di calcio.

Una serie di termini incomprensibili a cui non sapevo dare significato: ricordo bene il mio primo approccio col mondo gastronomico. Io che avevo appena imparato a prendere confidenza con una semplice pasta al tonno, perfetto cliché dello studente fuori sede quale ai tempi ero, potevo mai immaginare quale mondo si celava dietro a un semplice piatto?

E’ quindi arrivato il momento di introdurre qualcosa di costruttivo. Non solo dolori ma anche gioie, ebbene si, perché il mondo gastronomico si è fatto spazio nella mia vita poco a poco mostrando il suo fascino un po’ per volta e il merito ovviamente è dello chef. Adesso che la mia visione si è fatta più chiara posso affermarlo a gran voce: ma quanto è interessante e quanto c’è da imparare? Quanti termini che inizialmente mi suonavano strani ho imparato a conoscere?

Come per esempio proprio il significato di “partita” all’interno di una cucina, ma non solo: essere in grado di conoscere la sua gerarchia, le principali tecniche di cottura o semplicemente andare a mangiare fuori con consapevolezza, non solo per il semplice atto del nutrirsi ma per vivere una vera e propria esperienza. Insomma, mi si sono aperte le porte di un nuovo mondo sempre, è sottinteso, se si è pronti ad aprirle quelle porte!

Cosa ho fatto io?

Io che mi ipnotizzavo davanti a una spadellata da maestro ho voluto fortemente imparare a farlo, come prima cosa. Certo, la mia prima esibizione non si è conclusa bene. Risultato: un primo piatto servito sul pavimento.

4. A casa non cucina, statene certi.

Ebbene si, sfatiamo un mito. Togliti dalla testa la visione di pietanze preparate ad hoc per colazione, pranzo e cena degni di un ristorante stellato!

A casa gli chef non cucinano. Ed è meglio così, aggiungo.

Ma se è pur vero che in cucina non alza un dito ha invece da ridire su tutto anche semplicemente su come sono sistemate le cose in frigo perché, udite gente, anche per quello c’è una logica.

Consiglio spassionato e d’obbligo: impara a cucinare se non sai ancora farlo, ne va della tua sopravvivenza in primis!

Rarissimo momento di chef ai fornelli di casa.

5. Che brutto carattere!

Hai sentito anche tu quella voce? Quella che sostiene che gli chef abbiano un carattere non particolarmente bello e docile?

Una voce alimentata anche da alcuni programmi di cucina e film in cui lo chef di turno rivendica il proprio ruolo alzando i toni e lanciando i piatti che non sono di suo gradimento!

Certamente si calca un po’ la mano ma tornando alla realtà, del resto, chi può dargli torto? (Non giustifico i piatti tirati in aria, sia ben chiaro!)

Essere costantemente sotto stress, con ritmi di lavoro pesanti e avere a che fare con tantissime responsabilità sono solo alcune delle condizioni in cui si trovano quotidianamente i nostri eroi in giacca bianca.

Immagino già la vostra faccia, cari chef!

Ovviamente lungi da me il voler generalizzare, ognuno adatta la propria personalità alle situazioni come meglio crede, però dovete ammetterlo: chi più, chi meno, avete proprio un bel caratterino e starvi accanto non è per niente facile!

Che si fa?

Pazienza, tanta e non provare mai a contraddirli, anche se ogni tanto io mi diverto a farlo!

E se per caso c’è chi si è accaparrato lo chef dalla verve docile, affabile e pure simpatico me lo faccia sapere, per favore!

6. Lo shopping dentro casa.

Qualche settimana fa sentivo l’esigenza di una nuova grattugia, una di quelle super professionali.

Cosa ho fatto?

Anziché recarmi in un negozio pertinente sono rimasta a casa puntando dritta al “deposito delle meraviglie” dello chef, come mi piace definirlo; lì ho subito trovato ciò che mi serviva: una microplane nuova di zecca che è diventata di mia proprietà. Ho praticamente fatto shopping dentro casa.

Questo piccolo aneddoto, uno dei tanti, ci porta dritti all’ultimo punto.

Avere uno chef in casa significa infatti avere “libero” accesso a strumenti che una semplice cucina casalinga può solo immaginare: chi può vantarsi di poter usare coppapasta di tutte le misure, termometri da cucina oppure avere il privilegio di poter utilizzare un roner1, diventando il mio giocattolo ormai? Non è fantastico?

Per non parlare poi della vasta scelta di libri che ho a disposizione, tutti sempre gentilmente forniti dallo chef. Che meraviglia!

Per un’appassionata del settore è il paese dei balocchi. Per chi cucina semplicemente perché deve farlo, un ulteriore aiuto.

È il caso di dirlo: da “impedimento” giovamento.

1 Strumento che permette la cottura sottovuoto a bassa temperatura.
Uno dei libri in questione.

Eccoci giunti al termine anche perché credo sia abbastanza chiaro il rapporto che intercorre tra me e la cucina: un rapporto di odio-amore, un rapporto partito col piede sbagliato ma che ha avuto, nel tempo, dei risvolti totalmente inaspettati e sorprendenti. Fare i conti con una professione come questa non è stato facile ma come vedi il segreto è trarne il bello da ciò che ha da offrire. Non ci sono trucchi, si impara a conviverci strada facendo, avendo la consapevolezza che nonostante i tanti lati negativi il consorte fa il lavoro che ama e le rinunce sono da entrambe le parti.

Prima di concludere però ho un ultimo piccolo promemoria. Stavolta mi rivolgo nuovamente a te che stai per entrare nel club. Ricorda che quando sarà il momento di rispondere alla fatidica frase: “Vuoi tu prendere?…” La risposta non sarà: “si, lo voglio”.

La risposta dev’essere: “Si, chef!”.

Concentrazione su foto.